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Oncologia

Tumori difficili da curare, arriva la terapia “agnostica”

Una terapia “agnostica” per i tumori difficili da curare si è rivelata efficace in nuovo studio IEO. I dettagli

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Una terapia agnostica contro i tumori difficili da curare

L’Istituto Europeo di Oncologia è il partner italiano dello studio internazionale ARROW, che ha dimostrato, nella fase pilota, che il Praseltinib, un farmaco già in uso, ha un’efficacia “agnostica”: è in grado cioè di agire su tutti i tumori caratterizzati dalla mutazione del gene RET, oggi orfani di terapie specifiche, indipendentemente dall’organo in cui si manifestano. I risultati del lavoro sono stati pubblicati su Nature Medicine, che ha dedicato la copertina alla scoperta.

La parola chiave della nuova era che sta per iniziare è “agnostici”, che deriva dal greco antico “senza sapere”. «Sono una nuova conquista della medicina personalizzata, perché hanno un bersaglio super-preciso da colpire – spiega Giuseppe Curigliano, direttore della divisione per lo Sviluppo di Nuovi farmaci e Terapie innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e professore di Oncologia all’Università di Milano – Si tratta infatti di farmaci non disegnati per un determinato tipo di malattia, ma vanno a colpire selettivamente alcune alterazioni  genetiche, che possono essere responsabili di diverse neoplasie, in diversi organi. Un modello diverso da quello istologico (basato sull’esame al microscopio dei tessuti organici che presentano anomalie) che fino a ora ha governato la ricerca clinica, le decisioni regolatorie e la pratica clinica oncologica».

La mutazione o amplificazione del gene RET, abbreviazione di oncogenetic RET, può infatti indurre lo sviluppo di diverse forme di tumori solidi. È presente, per esempio, in circa l’1-2% dei tumori del polmone non a piccole cellule (NSCLCs), per cui Praseltinib è già approvato, ma anche nel 20% dei tumori papillari della tiroide e in circa l’1% fra tumori dell’ovaio, del pancreas, delle ghiandole salivari e del colon-retto. Le alterazioni di RET rendono questi tumori difficili da curare, perché sono spesso refrattari a molti trattamenti fra i trattamenti tradizionali.

Lo studio

Lo studio ha arruolato 29 pazienti con diverse forme di tumori solidi avanzati, che presentavano l’alterazione di RET; al termine della sperimentazione il 57% dei partecipanti ha fatto osservare una risposta (remissione) completa di malattia e il restante 43% una risposta parziale, ovvero nell’83% dei pazienti è stato possibile controllare efficacemente la malattia. Questi dati non solo hanno confermato l’efficacia della molecola (obiettivo, primario dello studio), ma hanno dimostrato anche la sua capacità di mantenere il risultato nel tempo: test clinici hanno attestato la durata di risposta al trattamento, la progressione libera da malattia e la sopravvivenza aumentata, mediamente pari a 12 mesi.

«Si tratta di risultati molto interessanti – ha commentato Curigliano – perché soddisfano un bisogno terapeutico per questi pazienti, le cui opzioni di cura ad oggi sono limitate. È importante sottolineare che la molecola ha dimostrato, anche in questa classe di pazienti, un elevato profilo di sicurezza; sono stati osservati effetti avversi solo di grado lieve-moderato, le cui manifestazioni più severe sono state riferibili a neutropenia nel 31% dei pazienti e a anemia nel 14%, comunque facilmente controllabili. Praseltinib appare quindi una terapia ben tollerata, con rapidità di azione ma durevole nel tempo e con robuste evidenze della potenziale attività antitumorale in tumori solidi che presentano una alterazione di RET. Va aggiunto che dal punto di vista scientifico, studiare una terapia target con efficacia “agnostica”, è una novità che può aprire ampi orizzonti di ricerca e implementa il ruolo della medicina di precisione nella pratica clinica».

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