Benessere
I microbi intestinali possono farti vivere di più. Ecco gli alimenti che aumentano la longevità
Gli scienziati hanno dimostrato come i nostri microbi intestinali possono donarci più anni di vita. Ecco quali alimenti mangiare per vivere più a lungo ed evitare l’infarto
Dentro di noi vive una folta popolazione di microbi: alcuni sono buoni, altri meno ma tutti contribuiscono al nostro patrimonio genetico acquisito. Il microbiota, infatti, può incidere positivamente o negativamente sul nostro stato di salute, a tal punto da aumentare la nostra aspettativa di vita. Ma non è finita qui: alcuni studi hanno mostrato come alcuni alimenti siano in grado di modificare i microorganismi intestinali in modo che possano svolgere un ruolo positivo sulla durata della vita. Ecco i risultati delle ultime ricerche.
Basta un anno di dieta
Il nuovo studio che associa dieta e longevità è stato pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Gut. Dai risultati è emerso che un solo anno di dieta mediterranea sia in grado di rallentare i segni mentali e fisici dell’invecchiamento. Persino le persone anziane hanno potuto beneficiare degli effetti del cambio di alimentazione, dovuti soprattutto alla modifica del microbiota intestinale. Per arrivare a tali conclusioni sono state analizzate – nel primo studio – 612 persone e milioni di microbi intestinali.
I vegetali aumentano la durata della vita
Un secondo studio, che ha coinvolto 760 donne di mezza età, ha messo in evidenza come seguire una dieta a base vegetale possa ridurre i microbi intestinali associati al rischio di infarto. I risultati di tale studio sono stati pubblicati recentemente sul Journal of American College of Cardiology. Entrambe le ricerche, comunque, hanno messo in evidenza come l’aggiunta di una cospicua quantità di vegetali alla propria dieta possa migliorare la flora intestinale e, di conseguenza, allungare la durata della vita.
Dieta, microbiota e salute
«L’interazione tra dieta, microbioma e la salute è un fenomeno complesso influenzato da diversi fattori», spiegano i ricercatori del primo studio. «Mentre i risultati di questo studio hanno fatto luce su alcune delle regole di questa interazione a tre, diversi fattori come l’età, l’indice di massa corporea, lo stato della malattia e gli schemi dietetici iniziali possono svolgere un ruolo chiave nel determinare l’entità del successo di queste interazioni».
Pesce, verdure e olio extravergine di oliva
I ricercatori del primo studio hanno voluto capire se l’aggiunta di alimenti alla propria dieta come il pesce, l’olio extravergine di oliva, le verdure e la frutta secca avrebbe potuto indurre un miglioramento fisico e cognitivo nelle persone anziane. Metà delle 612 persone prese in esame (provenienti da Italia, Polonia, Paesi Bassi e Regno Unito) ha seguito una dieta di questo genere mentre l’altra metà ha continuato a seguire una dieta tipica occidentale. Il primo gruppo, pertanto, ha seguito un regime alimentare a base di verdure, legumi, frutta secca, noci, olio extravergine di oliva, pesce e in minima parte anche latticini, grassi saturi e carni rosse. Mentre il secondo poteva mangiare qualsiasi tipo di cibo.
Microbiota prima e dopo
I ricercatori hanno analizzato il tipo di microbiota prima e dopo lo studio così come l’invecchiamento fisico e mentale e il relativo stato di infiammazione. Dai risultati è emerso che le persone che avevano seguito la dieta mediterranea avevano una quantità maggiore di batteri intestinali legati alla longevità e al miglioramento della funzione cognitiva. Ma non solo: anche i marker dell’infiammazione erano diminuiti. In particolare, vi è stato un aumento dei batteri che producono acidi grassi a catena corta. Tali microorganismi sono associati a una migliore funzione cerebrale e memoria, velocità di deambulazione e forza. Inoltre, sono diminuiti i livelli di batteri che producono acidi biliari. Questi ultimi sono collegati all’aumento di rischio di cancro intestinale, insulino-resistenza, fegato grasso e danni cellulari. Lo studio ha quindi dimostrato come seguire una dieta mediterranea per almeno un anno sia in grado di rallentare il declino fisico e mentale.
Microbiota e cuore
Il secondo studio ha invece messo in evidenza come il cambio di dieta – con aumento di sostanze vegetali – sia in grado di ridurre il rischio di infarto. Il gruppo ha analizzato un metabolita correlato al microbiota noto in ambito scientifico con il nome di trimetilammina N-ossido (TMAO). Quest’ultimo è associato a malattie cardiache e problemi al cuore. Il TMAO viene prodotto quando i batteri intestinali digeriscono i nutrienti che si trovano comunemente nei prodotti animali, come la carne rossa. «La dieta è uno dei più importanti fattori di rischio modificabili per controllare i livelli di TMAO nel corpo», spiega Lu Qi, ricercatore dell’Università di Tulane. «I nostri risultati mostrano che la riduzione dei livelli di TMAO possa contribuire a ridurre il rischio di malattia coronarica e suggerisce che i microbiomi intestinali possano essere nuove aree da esplorare nella prevenzione delle malattie cardiache».
TMAO il marcatore delle malattie cardiache
«I risultati dello studio forniscono ulteriori prove del ruolo del TMAO in qualità di biomarcatore predittivo per le malattie cardiache e rafforza il caso del TMAO come potenziale obiettivo di intervento nella prevenzione delle malattie cardiache. I risultati dovrebbero incoraggiarci a continuare a sostenere un’adozione più diffusa di modelli alimentari sani», conclude Paul Heidenreich, professore alla Stanford University.
Fonti scientifiche
Journal of the American College of Cardiology – Long-Term Changes in Gut Microbial Metabolite Trimethylamine N-Oxide and Coronary Heart Disease Risk