Benessere
Vacanze: ecco quanti giorni bisogna fare per allungare la durata della vita
Secondo un ampio studio durato ben 40 anni, cambiare stile di vita non basta per aumentare la durata della vita. Uno dei fattori più importanti è la vacanza
Dal mondo della scienza arriva un’ottima notizia per tutti noi. Per aumentare la durata della nostra vita abbiamo a disposizione un’opzione semplice e molto piacevole: andare in vacanza. Ma le solite una o due settimane non bastano, bisogna trascorrere molto più tempo in un luogo turistico. A suggerirlo è un recente studio durato ben quarant’anni e i risultati – per molti di noi – sono quasi scontati: il relax ci aiuta a stare meglio e a ridurre lo stress, diminuendo il rischio di gravi malattie e aumentando la longevità. Ecco quanti giorni di vacanza bisogna fare per ottenere il massimo dei benefici.
Lo stile di vita salutare non basta
Pensate che seguire uno stile di vita sano, smettere di fumare, evitare gli alcolici e mangiare gli alimenti giusti vi garantisca la longevità? Assolutamente no. Sicuramente aiuta, ma non abbastanza, perché per star davvero bene e in ottima salute tutti noi abbiamo bisogno di ridurre anche lo stress. E cosa c’è di meglio, per star bene anche mentalmente, se non una bella vacanza? «Può essere un buon modo per alleviare lo stress. Non si pensi che uno stile di vita salutare basti a compensare il lavoro troppo duro e senza ferie», spiega Timo Strandberg dell’università di Helsinki (Finlandia).
Quante ferie?
E qui viene la parte più bella: a detta degli autori dello studio esiste un solo modo per godere dei benefici delle vacanze: staccare la spina per più di tre settimane. Al di sotto di questa cifra le ferie sono pressochè inutili in termini di longevità. E se per noi è un’ottima notizia dovremmo anche vedere un po’ come la pensa il nostro datore di lavoro, il quale – oltre a darci più giorni di ferie dovrebbe anche aumentarci lo stipendio per pagarci tutte queste vacanze.
Poche vacanze, rischio aumentato di mortalità
Lo studio, pubblicato sul Journal of Nutrition, Health & Aging, ha anche fatto emergere un dato piuttosto inquietante: le persone che fanno poche vacanze ogni anno hanno un aumentato il rischio di mortalità. Tutti i partecipanti alla ricerca hanno ricevuto una consulenza orale e una scritta ogni 4 mesi al fine di svolgere una corretta attività fisica, una dieta sana, i metodi per raggiungere il peso ideale, per smettere di fumare e per tenere sotto controllo i fattori di rischio cardiovascolare. In corso di studio, tuttavia, gli scienziati hanno scoperto che cambiare lo stile di vita non era sufficiente se poi non ci si concedeva una buona vacanza.
I primi risultati
Dai risultati iniziali era emerso che un cambio radicale dello stile di vita aveva portato alla riduzione del 46% del rischio di eventi cardiovascolari. Inaspettatamente, però, nel follow-up di 15 anni si è evidenziato un aumento di mortalità nel gruppo di intervento, persino più alto rispetto al gruppo di controllo. Per comprenderne il motivo, il follow-up è stato esteso a 40 anni, terminando nel 2014. In quest’arco di tempo, gli studiosi hanno preso in esame altri fattori non presi in considerazione in precedenza: il sonno, la quantità di lavoro e le ferie.
Un problema di ferie
Soltanto nel secondo follow-up successivo gli scienziati hanno potuto evidenziare come l’aumento dei decessi riguardava le persone che avevano fatto vacanze più brevi. Nello specifico, gli uomini che facevano 3 settimane (o meno) di ferie avevano il 37% in più di probabilità di morire precocemente, rispetto a quelli che si lasciavano il lavoro per più di tre settimane.
Troppo lavoro
«Nel nostro studio gli uomini con ferie più brevi hanno lavorato di più e dormito meno di chi ha trascorso vacanze più lunghe. Hanno annullato qualsiasi beneficio dell’intervento e riteniamo che l’intervento stesso possa aver avuto un effetto psicologico negativo aggiungendo stress alle loro vite. I nostri risultati non indicano che l’educazione alla salute sia dannosa, ma suggeriscono che la riduzione dello stress è una parte essenziale dei programmi volti a ridurre il rischio cardiovascolare», conclude Strandberg. I risultati dello studio sono stati presentati al Congresso della Società europea di cardiologia Esc a Monaco di Baviera.